Intervista a Corrado Castellari

Realizzata da Mauro Agnoli per i siti "Sigletv.net" e "Tivulandia.it", con la collaborazione di
Marco Nacci (13-02-2000), Gabrio Secco, Matteo Sciba, Carmelo Miano (19-11-2005 e 17-12-2005);
integrata con l'intervista realizzata da "Flid" per il sito "I Nostri Ricordi Animati" (13-2-2010).




Biografia

Corrado CastellariAnagrafe. Sono nato a Bologna il 23 settembre.

Famiglia. Il nome di mio padre è Carlo, quello di mia madre Gertrude. Ho un fratello, Camillo, e una sorella, Clara, io sono il minore dei tre. Camillo, professore di lettere a Bologna, ha scritto alcuni testi per le mie musiche, ha avuto un bel successo con Coraggio e paura, per Iva Zanicchi, del 1972. Il vero nome di mia moglie è Norina Piras ma l'hanno sempre chiamata Liana. Corista per lunghissimo tempo, prima del nostro matrimonio, ha inciso alcuni dischi con me, all'inizio degli anni Sessanta; il nostro duo si chiamava Eliana e Ciro, prodotto da Gianfranco Intra per la Ri-Fi Record. Nostra figlia, che ha fatto parte del gruppo delle Mele Verdi, si chiama Melody.

Gioventù. Ammetto di non avere ricordi particolari ma mia moglie ricorda sempre il nostro incontro: nel laboratorio di un accordatore, un certo Pasquini, io alla chitarra e Norina al pianoforte, accompagnammo la voce di Andrea Costa. Fu il progetto di un gruppo che poi cadde nel nulla.

Curriculum scolastico. Sono geometra, diplomato all'Istituto Pacinotti di Bologna. Mia moglie, invece, è diplomata in pianoforte.

Esordio artistico. Fin da giovane mi dilettavo nell'uso della fisarmonica, strumento dalle tradizioni molto forti, per poi passare alla chitarra. E' il momento in cui inizia l'influenza americana di gente come Elvis Presley e i Platters. Dopo il diploma sono andato a suonare con Dino Sarti, per il quale ho firmato quasi tutte le canzoni. Nello stesso periodo mi sono trasferito a Milano, che era l'epicentro del mondo musicale di allora.

Carriera. Il sodalizio fra me e mio fratello Camillo ci ha portato molto successo, io scrivevo la musica e lui i testi. Ho scritto anche molti altri testi e mi sono proposto come cantautore. Il mio produttore storico è Sandro Colombini, lo stesso di Antonello Venditti, Lucio Dalla e Edoardo Bennato. Dopo due anni di night club, ho iniziato a spedire le mie creazioni alle varie case discografiche fino ad arrivare alla Ri-Fi, che si dimostrò interessata al mio lavoro, era il 1967. Il primo successo fu Susan dei marinai, cantata da Michele. Sono orgoglioso di aver composto la musica de Il testamento di Tito, celeberrimo successo di Fabrizio De Andrè. C'è poi La frittata, scritta insieme a Mitzi Amoroso, cantata da Nino Manfredi a Sanremo. Ho scritto anche per Mina e per Ornella Vanoni.

Presentazione. Eccovi il testo della mia presentazione professionale ed umana che circola sul retro delle mie fotografie promozionali: "Corrado Castellari nasce artisticamente come autore-compositore attorno al 1970 e fino a oggi hanno cantato e cantano le sue canzoni artisti come: Mina - Ornella Vanoni - Loredana Bertè - Iva Zanicchi - Milva - I Nomadi - Fabrizio De Andrè - Raffaella Carrà - Fausto Papetti - Bruno Lauzi - Stefania Rotolo - Johnny Dorelli - Patty Pravo - Dino Sarti - Carmen Russo - Toto Cutugno - Franco Califano - Amanda Lear - Christian - Albano - Cristiano Malgioglio - Gigi & Andrea - Pippo Franco - Orietta Berti - Tiziana Rivale - Angela Luce - Rosanna Fratello - Dora Moroni - Lara Saint Paul - Rita Pavone - Luciana Turina - Pamela Prati - Giovanna - Nino Manfredi... etc... Ha scritto molte canzoni per il repertorio infantile vincendo alcune manifestazioni dello "Zecchino D'Oro". Ha scritto sigle di cartoni animati (Sandybell - La Banda dei Ranocchi - La principessa Sapphire...). Ha scritto le musiche per una commedia musicale rock pubblicata su disco Philips dal titolo: Labyrintus. Autore di musiche per pubblicità radiofonica e televisiva. Dal 1988 si dedica anche alla produzione del cosiddetto repertorio melodico italiano ("Liscio") scrivendo per i maggiori esponenti di questo genere (Franco Bagutti - Franco Bastelli - Annalisa Simeoni - Titti Bianchi - Ruggero - Patrizia - Tony Daloja - Enrico Musiani... etc...). Corrado Castellari viene da Bologna, che non è provincia ma nemmeno metropoli. Ha due ritmi di vita nel sangue, dunque, la malizia un po' nevrotica di chi abita nelle grandi città e la lucida tranquillità di chi è un po' defilato rispetto ai "posti che contano", le sue canzoni ne risentono e forse proprio per questo sono diverse, capaci di raccontare tante cose e di sfuggire in fondo ad ogni catalogazione. Corrado ha un suo modo, una sua filosofia, con piccole grandi emozioni da trasmettere e la voglia, quella soprattutto, di parlare e farsi capire dalla gente comune".


Intervista

Cosa pensi della tua carriera?
Sono soddisfatto. Mi dispiace aver fatto soltanto tre LP come cantautore perché, pensando ai miei colleghi di gioventù, ho visto il successo di molti bluff. Secondo me ci sono molti più parlatori che artisti, anche tirando fuori nomi grossi. Vorrei che tu scrivessi ciò che ho detto. Purtroppo nel mondo musicale bisogna farsi strada spesso a gomitate e, probabilmente, mi è mancata la giusta grinta. Vedo un sacco di gente, ad esempio, che ruba pezzi di musica altrui e mi chiedo se quelli siano artisti.

Cosa pensi del cambiamento del mondo musicale?
Ci sarebbero tremila cose da dire. Come autore ammetto di non riuscire più ad entrare nei grossi giri. Se volessi, per esempio, dare un mio pezzo a Ramazzotti non ci arriverei mai. Ci sono i filtri dei filtri a interrompere la cosa, una volta era diverso: si poteva parlare direttamente con l'artista. I sistemi erano più semplici, oggi è marketing.

Come mai i compositori hanno più difficoltà a restare sulla breccia rispetto ai musicisti?
Sono spariti anche i musicisti, è quello il problema. Io riesco a lavorare ancora molto, ma diversi miei coetanei non si sentono più. Sono pochi anche i nuovi artisti, benché io, ad esempio, apprezzi il rock moderno. Non parliamo poi dei concorsi, nei quali fanno vivere solo quei due o tre che interessano agli organizzatori; non faccio nomi.

E' sparita secondo te la figura del talent scout nelle case discografiche?
Sì. Probabilmente alle case discografiche manca il direttore artistico interno. D'altra parte non ha neanche molto senso perché ogni cantante ha il suo produttore.

Come è nata la tua avventura discografica nel mondo dei cartoni animati?
Erano i primi anni dell’animazione giapponese, quei cartoni cioè che racchiudevano una morale, e che insegnavano valori fondamentali ai bambini, primo di tutto il bene, l’amicizia, l’amore, ma anche presentavano le negatività, il tradimento, il male, gli ostacoli che si incontrano nella vita e che vanno affrontati con coraggio e senza perdersi d’animo, mai.
Allora c’era un gruppo di bambini, le Mele Verdi, creato da Mitzi Amoroso, che interpretavano teatralmente e cantavano molte di queste canzoni scritte appositamente per diventare sigle di quelle storie animate; esistevano proprio delle gare d'appalto organizzate dalla RCA (storica casa discografica con sede a Roma) dove vari autori e compositori si affrontavano sul campo presentando ognuno la propria interpretazione del cartone animato che veniva loro sottoposto. Devo dire con orgoglio che molte competizioni le vincevamo io e Mitzi con i nostri brani.

Forum, siti e blog ricchi di appassionati ricordano Le mele verdi con grande gioia e nostalgia. Tu in che modo le ricordi?
Fino a pochi anni fa non avrei mai sospettato che in Italia ci fossero tanti ragazzi che hanno amato e continuano ad amare i cartoni animati degli anni '80, ed io ne sono rimasto piacevolmente sorpreso perché con l’avvento di Internet e dei siti come Facebook e MySpace, ho incontrato una miriade di ragazzi, trentenni di oggi, che ricordano con tanta nostalgia e amore certe mie canzoni scritte tempo fa e che erano la colonna sonora dei primi cartoni animati made in Japan. Sono continue le dimostrazioni di affetto e di ammirazione per quello che io ed altri miei colleghi abbiamo scritto senza pensare ovviamente all’importanza che poi quelle “canzoncine”, unite alle storie lì raccontate, avrebbero avuto a tanti anni di distanza, nella formazione e nell’educazione di molti bambini di allora. Alcuni miei coetanei, addirittura, ricordano La banda dei ranocchi o La principessa Sapphire. Ovviamente anche gli amici di mia figlia hanno bene in mente quei pezzi.

Mi parli delle sigle da te realizzate?
Erano carine, fatte bene e prodotte da maestri che oggi sono dei numeri uno, come Vince Tempera o Maurizio Bassi. Tutta gente che è ancora sulla cresta dell'onda. Bassi fa gli arrangiamenti per Ramazzotti, per esempio. Per quelle sigle ci voleva una cura particolare, non si potevano fare così per fare.

Come si divideva il lavoro per le sigle delle Mele Verdi fra te, Silvano D'Auria e Mitzi Amoroso?
Ci incaricavano di fare le sigle su quei personaggi. Andavamo in alcuni uffici a vedere i filmati originali, a Milano. Ci facevano vedere la videosigla, si vedeva l'ambientazione e si stabiliva come fare il pezzo. Io curavo la musica, che doveva essere in tema, Mitzi i testi, e Silvano D'Auria faceva un po' il supervisore del lavoro. Ricordo che vennero fatte anche delle gare, fra noi e altri, per stabilire quale fosse il pezzo adatto. Pensa che ne La banda dei ranocchi chi faceva il verso della rana ero io! Quella canzone era bellissima. Piaceva anche a D'Auria il quale, tra l'altro, ha sempre molto apprezzato ciò che facevo, non mi ha mai contestato niente.

Il gruppo era affiatato, insomma.
Certo. Mitzi, poi, scriveva dei testi che non erano stupidi.

Cosa faceva Mitzi Amoroso a livello artistico?
Scriveva i testi, come ho detto. Nascevano quasi sempre prima le sue parole, che erano molto belle e stimolavano la mia vena creativa.

Se un autore può scrivere un testo in assoluta libertà, in definitiva crea un lavoro migliore?
Esatto, è proprio così. Io mi trovavo bene con Mitzi e le canzoni delle Mele Verdi venivano fatte con la filosofia che hai detto tu.

Qual è il nome per esteso di Mitzi Amoroso?
Maria Letizia Amoroso.

Quando hai conosciuto Silvano D'Auria e Mitzi Amoroso?
Non ricordo. Penso d'aver conosciuto prima D'Auria. Vedevamo un sacco di gente all'epoca.

Qual era, se c'era, il limite nel far cantare dei bambini?
I bambini sono un po' melensi. E poi le ragazzine anche più grandi delle Mele Verdi non leggevano la musica, quindi c'erano dei problemi di armonizzazione. C'era da fare un gran lavoro di taglia e cuci in sala di registrazione. Prima, cioè, si doveva far imparare loro la prima voce, per i cori, poi la seconda e così via fino al prodotto finale. A volte, per dare la grinta giusta, cantava con loro anche un adulto, che poi magari veniva tolto nella versione finale della canzone. Mia moglie Liana è stata sempre molto brava ad armonizzare e più di una volta ha partecipato alla registrazione delle sigle. Mia figlia, che ha cantato anche lei qualche sigla con le Mele Verdi, ha sempre avuto una certa musicalità nella voce e non ebbe grosse difficoltà. Il lavoro era impegnativo ma divertente. Credo, ad esempio, che in molti ricordino La banda dei ranocchi per quel coro particolare.

Per quanto riguarda, ancora, le Mele Verdi: tu e D'Auria collaboravate già con loro ai tempi in cui il coro partecipò alla canzone dei Barbapapà e a quella di Woobinda?
No, noi siamo partiti con le Mele Verdi con la realizzazione de La banda dei ranocchi.

Il bambino che si sente sempre nelle canzoni delle Mele Verdi è Paolino?
Sì, è vero! Ora ricordo bene. Era Paolo, bravissimo! Era molto vivace e vispo in sala di registrazione. Era un po' il personaggio del gruppo.

Il verso dell rana all'inizio della banda dei ranocchi rappresenta, a mio parere, una novità controcorrente. Come è nata l'idea di mettere quel cra cra all'inizio della sigla?
Mi è sempre piaciuto, durante l'incisione di mie canzoni, soprattutto nei brani scritti pensando a un pubblico di bambini, introdurre suoni, rumori poichè danno sicuramente qualcosa in più che serve a scatenare la fantasia di un bambino e a visualizzare il personaggio e la storia che si rappresenta nella canzone. Io l'ho sempre pensato di utilizzare questi accorgimenti quando ritenevo ce ne fosse l'opportunità, anche se magari trovavo un po' di ostacoli nei direttori artistici che incontravo; all'RCA invece, nella persona di Silvano d'Auria ho sempre trovato il pieno appoggio alle mie idee "rumorose". Ancora adesso curo con mia figlia Melody molte produzioni per bambini e mi diverto un sacco a caratterizzare le mie canzoni proprio come facevo al tempo delle Mele Verdi.

A parte il gracidio de La banda dei ranocchi, eri sempre tu a interpretare la voce maschile delle canzoni delle Mele Verdi?
Sempre io. Anche in Ippo Tommaso, Belfy e Lillibit, eccetera, per questo le canzoni erano così scattanti, c'era un adulto, erano tutte cose molto ritmiche.

Dove registravate i pezzi?
Quasi tutte allo studio Capolinea di Milano.

Che strumenti usavate?
I classici: tastiera, pianoforte, chitarra, basso e batteria. Non ricordo la marca, sinceramente. Per gli archi la Solinas, la prima tastiera che ha sostituito gli archi. Sono comunque domande che dovresti fare a un tecnico, un Tempera, per esempio. Erano comunque pezzi che non necessitavano di grosse idee per i controcanti. Si cercava di far sentire le voci, soprattutto. Ogni tanto ho suonato la chitarra ma non so in quali canzoni. Partecipavano ai pezzi Farina, alla chitarra, Gigi Cappellotto, al basso, musicisti bravissimi. Se volevamo fare presto, prendevamo quelli bravi. Probabilmente c'era anche Ares Tavolazzi. Alla batteria può darsi anche De Piscopo. Silvano D'Auria era sempre presente, seguiva il lavoro, sempre molto discreto, una persona tranquilla, posata. Era bravo a suonare il pianoforte, ma non ha mai suonato.

L'arrangiamento di chi era?
L'arrangiamento praticamente era la trasposizione delle idee che avevo io nei provini in sala d'incisione. Quindi non è che si inventasse molto lì, le rispostine e i controcanti erano già pensati prima. Silvano D'Auria ci dava dei suggerimenti perché era un ottimo musicista.

Sai quanto hanno venduto quei 45 giri?
Dovrei andare a controllare ma sicuramente ebbero ottime vendite. Oltre le centomila copie, comunque.

Per quanto riguarda La banda dei ranocchi hai parlato di un effetto alla Ray Conniff. Cosa vuol dire?
Ray Conniff era un maestro degli anni '60/'70 che usava l'orchestra, o la sezione fiati, doppiata da un canto, da un coro. Le stesse note dei fiati venivano doppiate dal coro. Se hai sentito, qui c'è una parte dove c'è appunto questa melodia suonata con il coro che doppia. Io ascoltavo molto quello che andava di moda nel tempo, quindi cercavo di portare anche nelle canzoni dei bambini gli ingredienti moderni. Per esempio, hai sentito anche come è usata la tastiera? Con delle dissonanze. C'erano degli accorgimenti sempre attuali, perché non mi piaceva fare la canzoncina infantile. Volevo sempre dare delle cose che suonassero bene. Poi ci sono degli effettini, delle glissate che forse sono un'intuizione di D'Auria. Aiutava anche lui. Il cambiamento di tono, per esempio, non mi ricordo se l'avevo pensato io, ma credo di sì perché, quando si vuole far crescere un brano, si cambia il tono e quindi c'è una apertura automatica nell'arrangiamento.

Qual era la strumentazione ne La banda dei ranocchi?
Era molto semplice. C'era la tastierina, c'era la chitarra ritmica e elettrica, poi c'era un flautino penso fatto da una tastiera. Sottolineerei però questa cosa: proprio nelle intenzioni mie, quando facevo questi brani per sigle di cartoni, c'era sempre un occhio di riguardo alle sonorità del momento, che arrivavano dall'America, questi bei ritmi moderni.

Per quanto riguarda La banda dei ranocchi, abbiamo la certezza che cantò la canzone Stefania Bruno?
Stefania Bruno sicuramente. E poi la voce maschile è sempre mia, anche nel coro. Rana compresa, che è stata una mia idea. Era una specie di controcanto, un movimento di batteria fatta con la voce.

Come è nata la musica di  Ippo Tommaso?
Per Ippo Tommaso cosa potevo fare? Dovevo inventare una cosa ritmica carina. Non avevo dei riferimenti ambientali. L'autore deve anche viaggiare di fantasia. Io ne ho sempre avuta molta.

In Ippo Tommaso secondo te non c'è un grande missaggio?
I suoni allora non erano messi in grande evidenza. E' arrangiato però con tempi, con ritmiche molto moderne, in fondo. Mi meraviglio e sono molto sorpreso in modo positivo di quello che avevo scritto. Gli strumenti usati sono: tastiera, basso, batteria, chitarra e c'è qualche suonino di un qualche sintetizzatore. Allora c'erano i moog.

Cosa pensi di Flash Gordon Flash, cantata da Donno?
La fece la PFM. La risento ed è veramente avanti come pezzo; arrangiato dalla PFM poi è stato una cosa incredibile. Lì ci sono tutti quanti, Mussida alla chitarra, Djivas al basso e al canto, e forse c'era già Franz Di Cioccio alla batteria. E poi ci sono anche io: la voce bassa quando dice "Flash Gordon, Flash Flash Gordon". L'arrangiamento però è stato fatto da loro. Si sente infatti come si muovono la batteria e la chitarra. Sono tutte cose che devono essere fatte dallo strumentista, non potevo dire io a Mussida: "Fai così con la chitarra".

Dove l'avete registrata?
A Milano, ma non mi ricordo lo studio.

Non credi che il testo di questo brano fosse abbastanza audace per essere un testo per bambini? Un verso della canzone diceva addirittura: "e la tua donna notte calda ti dà".
Ma sì, Mitzi non era infantile nel fare le cose. Quel pezzo non l'ha contestato nessuno, infatti. E poi c'era la PFM a cui, certo, non potevi far cantare una stupidaggine. Era una canzone da adulti.

Sul retro di quel 45 giri c'era Far Away di Ian Patrick. Era roba vostra?
No, probabilmente era una canzone fatta proprio dalla PFM. Patrick era, probabilmente, Patrick Djivas, il cantante del lato A.

Belfy e Lillibit: qualche ricordo particolare?
Qui canta Paolino e poi ci sono i miei soliti interventi. La voce maschile di Belfy e Lillibit, quella che dice "Ma che strano, tu non sai...", sono io, sono io. Fu Mitzi a dirmi di fare il papà. La strumentazione è la solita che io prediligo, cioè la formazione folk: chitarre elettrica e spenta, batteria, basso. Se senti, c'è sempre un riferimento al folk americano. A me è sempre piaciuto quel mondo, alla Elvis Presley per essere più commerciali, e le canzoni molto semplici, perché costruite con pochi accordi, ma con delle invenzioni melodiche molto forti.

Riguardo Gli gnomi delle montagne, noi abbiamo scoperto che la voce solista è di Sara Cavaliere. Invece la voce acuta?
Stefania Bruno, che ha fatto questa nota alta. Era l'unica che riusciva a fare queste cose.

Cosa pensi di questa canzone?
La canzone è molto carina. C'era un bel lavoro di strutturazione, proprio pensato, non bastava cantare. Qui anche Mitzi e D'Auria davano le loro dritte, io davo le mie e alla fine facevamo un mix. Ad ogni modo gli interventi erano abbastanza chiari, già pensati da me, e poi c'erano chiaramente le rifiniture che si inventavano lì. Io proponevo dove far entrare le voci soliste, dove il coro, D'Auria dove dividere le voci, Mitzi sceglieva le voci, ma in effetti non diceva niente sugli arrangiamenti. D'Auria poi decideva.

Ti ricordi chi ha cantato Lo scoiattolo Banner?
Paolino... ma poi sono tre o quattro che cantano. E io che intervengo. Nei cori c'erano anche Liana e Melody. Eravamo da Zanibelli, in via Ludovico il Moro.

In Angie gli interpreti erano Chelli & Chelli ma Silvano D'Auria ci ha svelato che era un solo cantante: un solo Chelli. Ti ricordi come si chiamava?
Era un ragazzo piuttosto giovane, un cantante ma non riesco a ricordare il nome. D'Auria lo contattò. Una bellissima voce assolutamente giusta per il brano [il cantante si chiama Bruno Chelli, ndr]. Nei cori ci siamo anche io e Liana.

Angie era uno dei tuoi pezzi preferiti? Come mai?
Angie è uno dei miei pezzi preferiti. Forse pecco di presunzione, ma mi sembra che sia proprio in linea con le più belle cose che arrivavano in quel momento dall'Inghilterra. Melodie belle semplici, belle frasi armonizzate.

Ti ricordi de La canzone di Rin Tin Tin?
L'ho fatta io? Non mi ricordo. Forse l'ho arrangiata.

Spazio 12 ?
Quella l'ho fatta per l'Ambrogino d'Oro.

Ti ricordi Sabato al supermercato?
Vagamente.

Pat la ragazza del baseball ?
Sì, è vero! Questo pezzo lo facemmo a Roma e io lo arrangiai. Nei cori c'è anche Liana.

Sandybell, fatta per la RAI ?
Era bello quel pezzo lì! Lo cantò Stefania, una delle più grandi del coro delle Mele Verdi. Nei cori ci siamo anche io, Liana e la figlia maggiore di Mitzi. Volevamo un coro più adulto.

Come mai fu arrangiata da Maurizio Bassi e non da te?
Probabilmente la canzone era destinata alla Fonit Cetra. Bassi è quello che ha fatto Tarzan boy, grossissimo successo di Baltimora.

Cos'era "Fichi e fantasia"?
Era uno spettacolo teatrale imperniato sulle canzoni. Sullo sfondo c'era la storia. Veniva eseguito nei teatri della zona di Milano. I testi erano di Mitzi Amoroso, la musica era mia mentre la scenografia era curata da mia moglie, che si occupava un po' di tutto: costumi, paesaggi, poi c'era qualcosa di già fatto. C'erano grandi pannelli per Ippo Tommaso, per Banner, per Belfy e Lillibit, per Demetan.

Nel 1984 le Mele Verdi hanno fatto Mademoiselle Anne. Gli autori erano Massimo Spinosa e Silvio Pozzoli. Tu hai partecipato, magari come arrangiatore?
Mi sembra proprio di no [infatti il brano in gran parte è di Massimo Spinosa, il quale ancora oggi ne conserva il provino, ndr]

L'ultima sigla delle Mele Verdi è Ikkyusan, il piccolo bonzo, autori Coccia e Rispoli. Sai chi sono?
No. Era ormai finito il momento delle sigle. Mi sembra che anch'io provai a fare la sigla per quel cartone animato ma scelsero quella che tu hai indicato. I circuiti di procacciamento delle sigle erano diventati altri [avendo rintracciato in seguito sia Giuseppe Coccia che Gioacchino Rispoli, oggi abbiamo la certezza che i tre quarti della canzone furono realizzati dal signor Rispoli, che ne eseguì un provino ancora oggi conservato, cantato da loro due, ndr].

Con l'RCA eri sotto contratto o indipendente?
Indipendente.

Ci sono degli inediti che poi non sono andati in onda?
Ce n'era uno, per un cartone animato…non so quale fosse. [Castellari ha poi recuperato i provini per tre sigle rimaste inedite, Chobin, L'Isola del Tesoro e Time Bokan, pubblicate nel CD Al tempo delle Mele Verdi, ndr]

Ti ricordi di una festa delle sigle fatta a Pavia al quale dovrebbero aver preso parte anche le Mele Verdi?
Onestamente no.

Secondo te le sigle delle Mele Verdi erano fatte in modo più economico, a livello strumentale, rispetto a quelle della RAI?
Dipendeva dallo studio. E poi i mezzi non erano enormi. Si incideva sempre, di giorno e di notte. Fino a quando, da un giorno all'altro, al mondo discografico sono stati tagliati i viveri. Alla RAI sicuramente Tempera era avvantaggiato dalla sua capacità al pianoforte e dai bravi strumentisti suoi collaboratori, come Ares Tavolazzi e Ellade Bandini. I loro erano bei dischi con bei suoni.

Ti ricordi qualcosa di Albertelli?
Con lui non ho fatto grandi cose però ricordo che era un tipo molto duro sul lavoro, come Enrico Riccardi. Una persona decisa, insomma, ma molto simpatico.

Una domanda su La principessa Sapphire. Come mai questo nome, visto che nel cartone animato la protagonista veniva chiamata Zaffiro e la pronuncia inglese era ['sæfai?*]?
Non so, non mi ricordo. Non credo di aver neppure mai saputo che si dicesse ['sæfai?*]. Il testo è di Albertelli, che forse ne fece due versioni, una non andava bene.

Chi erano I Cavalieri di Silverland, interpreti della sigla di La principessa Sapphire?
Erano Silvio Pozzoli e Marco Ferradini.

Ti ricordi come nacque il pezzo?
Fu realizzato agli studi Fonit Cetra di Milano. Ero lì in sala con Albertelli, e mi sembra che ci fosse anche Tempera. Ci sono dei passaggi che secondo me sono proprio da arrangiatore. O li inventarono lì per lì... La frase principale, l'introduzione, è mia già da provino. Per la principessa avevo fatto l'introduzione un po' tronfia. Ogni autore ha un suo stile di accompagnamento. Io suonando la chitarra, scrivendo questi brani per chitarra, dò già una sensazione ritmica molto precisa. Questo tipo di accompagnamento molto marcato è una mia caratteristica. Avevo notato nella sigla questo cavallo che andava, e allora ho voluto far sentire la sensazione della camminata del cavallo. Questo è uno dei pochi casi nei quali ho fatto io prima la musica. Fatta tenendo presente che il titolo doveva essere La principessa Sapphire per cui era presente questa divisione metrica all'inizio: "La principessa Sapphire"... e poi da lì tutto il resto.

Per Sapphire che strumentazione avete usato?
Mi sembra che i suoni siano stati messi in rilievo meglio. Siamo però sempre lì: tastiera, basso, batteria, chitarra. Gli elementi erano sempre quelli bravi, qui non mi ricordo chi fossero, ma quelli bravi giravano ovunque. Erano tre o quattro poi, non è che fossero in tanti. Precisi, quindi li sceglievano proprio per non tornare a rifare. Non c'erano mica tanti metronomi allora. In genere, quando facevamo queste cose, io suonavo sempre la chitarra ritmica. Alla chitarra elettrica non so chi ci fosse. E poi per i cori quasi sempre mi univo. Per esempio, ne' La principessa Sapphire, i cori sono di Silvio Pozzoli, Marco Ferradini, e forse c'ero anche io. Il falsetto alto forse è di Pozzoli, perché lui andava su da matti. Però anch'io vado molto su col falsetto. Ferradini no di sicuro.

Nella canzone perché ti sei firmato con lo pseudonimo Bibap?
Forse non volevo farmi riconoscere come autore di sigle per bambini. Allora far le sigle non era di grande prestigio. Credo di aver fatto male, sarebbe stato meglio firmarmi come Castellari. Ho cambiato spesso pseudonimo. Stessa cosa per Lulac, Baracuda, Nico. Sai, bi-bap è un tempo musicale.
 
Con Albertelli hai fatto nient'altro? Albertelli si ricorda di una tua partecipazione addirittura ai cori di Ufo Robot.
Può darsi che i cori li abbia fatti anche lì. Facendo allora anche il corista di mestiere, può darsi benissimo che fossi nel coro di Ufo Robot, eh… Io adesso non mi ricordo. Magari Albertelli che è più atletico di me si ricorda. C'era Tempera lì, no? In genere con Tempera c'ero spesso anch'io come corista. Facevo anche il corista, come lo faceva mia moglie. Mia moglie infatti ha fatto la corista in tanti Festival di Sanremo. Era nei Musical, gruppo storico.

Parliamo della splendida Cocktail d'amore, canzone realizzata con Mancini e Malgioglio per la compianta Stefania Rotolo nel 1979. Tu conoscevi Stefania Rotolo?
Stefania Rotolo l'ho conosciuta tramite Malgioglio, perché Malgioglio conosceva tutte queste dive, queste cantanti. Già lui era dentro questi circuiti radiofonici televisivi. Stiamo parlando del 1980. Lui mi fece conoscere tutti questi personaggi, Stefania Rotolo, Carmen Russo, Eleonora Giorgi, Adriana Russo, e noi facevamo questi dischi per tutte loro. Stefania Rotolo era una già molto brava, con una voce sua particolare, grande temperamento. Ci commissionarono questo brano, Cocktail d'amore, Cristiano scrisse il testo e io lo musicai. Fu la sigla finale di Tilt. Questa trasmissione fu rivoluzionaria perché usavano il sistema del chroma key per la prima volta: registravano l'immagine con uno sfondo blu dietro, sostituibile poi con immagini prese da altri contesti.

Tornando al brano, la voce che si sente nei cori è tua?
La voce che si sente nei cori è mia, perché io ho sempre dato dei provini molto indicativi. Erano molto precisi, con degli effetti che poi gli arrangiatori immancabilmente rifacevano in sala. Qui c'era proprio questa pensata della chitarra all'unisono con la voce. Il mondo di Cocktail d'amore è il mondo dei brani degli anni '80 di Mina, come L'importante è finire: queste ritmiche samba lenta, rumba. Un brano d'atmosfera con molte tumbe. Quando si volevano fare dei brani d'atmosfera si usavano queste tumbe, questi bonghi, queste atmosfere un po' sudamericane.

Ti ricordi chi suonava il sax?
No, ma può darsi fosse uno di quelli bravi di allora. Mi ricordo soltanto che eravamo a Roma, al Trafalgar. Il maestro era forse Paolo Ormi, ma non mi ricordo. Il disco venne fuori EMI, proprio nel periodo di Natale.

Chi è Mancini, terzo nome che firmò la canzone?
Marcello Mancini era in quel momento l'uomo di Stefania Rotolo. Penso abbia contribuito al testo.

Cocktail d'amore poi è stata riutilizzata...
Cocktail d'amore è stata ripresa nel film "Le fate ignoranti" e poi reincisa da Amanda Lear per la sigla della trasmissione televisiva Cocktail d'amore. E' stato uno dei miei brani più di successo. Io non ho avuto tanti grandi successi, ne ho fatti quattro o cinque di quelli pesanti come vendite, sulle 600.000, 700.000 mila copie.

Quanto ha venduto Cocktail d'amore?
Cocktail d'amore avrà venduto 200.000 copie, che erano già tante. Poi, fra l'altro, loro non si aspettavano che vendesse quel disco e quindi ne stamparono pochi. Sotto Natale ci fu proprio una valanga di richieste, ma purtroppo non li avevano. Se no magari vendeva anche mezzo milione di dischi.

Cosa pensi de La ballata di Tex?
Tex Willer era una cartone fisso, più un fumetto che un cartone animato. L'autore del testo era Renato Pizzamiglio, con cui ancora oggi collaboro. Lavora all'IBM. La ballata di Tex era l'unico brano inciso con il consenso dei Bonelli, che sono gli ideatori di Tex Willer. Gianluigi Bonelli era un personaggio, sempre con la pistola: sembrava di vedere Tex! Era una roba incredibile. Questo lavoro me lo commissionò il figlio Giorgio, che non è Sergio Bonelli, quello che ha in mano tutto l'ambaradan. Conobbi Giorgio tramite un comune amico e mi disse "Niente, facciamo questa sigla". Allora la feci, proprio pensando all'ambiente western. Avevo preso spunto dai film di Sergio Leone, dal mondo di Morricone, dai vecchi film con John Wayne e Gary Cooper. Poi a me è sempre piaciuto questo mondo folk americano quindi ero a nozze a scrivere una canzone così. Penso che non piacesse molto questo fatto del disco alla famiglia Bonelli. Fu un'iniziativa del figlio Giorgio, secondo me contrastata dal padre e magari anche dall'altro fratello.

Chi canta nella ballata?
La prima strofa è cantata da Marco Ferradini, la seconda da Silvio Pozzoli. Nelle parti corali invece siamo sempre tutti insieme. Ci sono anche io, perché a volte devi dare ai coristi l'input del tempo, della grinta. Se no magari cantano in modo tutto diverso e dividono in modo strano. Ecco perché sono presente: anche per dare nei canti le intenzioni giuste.

Chi ha suonato?
Al banjo, che era uno strumento suonato da pochi allora, c'era Bruno De Filippi. Oggi Bruno De Filippi penso sia l'unica star in Italia a suonare l'armonica a bocca. E' convocato anche per sessioni all'estero. E' uno molto bravo, che suonava molto bene anche la chitarra.

E l'arrangiamento?
L'arrangiamento l'ho curato io, come al solito. Doveva però esserci più chitarra. Come detto prima, io sono un autore che fa tutto con la chitarra e quindi sentivo proprio in prevalenza una chitarra folk in primo piano. Invece qui poi nel mixaggio è stata tenuta un filino bassa. Gli effetti (zoccoli, pallottole) erano effetti che allora aveva soltanto la RAI.

Quale etichetta ha pubblicato il disco?
Il disco fu pubblicato su un'etichetta creata apposta da Giorgio Bonelli. Il nome del gruppo, "Disco Tex", forse è un'idea di Giorgio Bonelli.

Cosa pensi di Tex's stomp music, il lato B del disco?
E' molto carina ed è stata realizzata bene. Sicuramente c'erano degli strumentisti forti. Penso ci fosse proprio Bruno De Filippi, anche alla chitarra slide, che è una chitarra normalissima suonata con un tubetto che si infilava nel dito anulare, credo, e si faceva scivolare sulla tastiera. Il violinista penso che fosse Al Mangano, il primo violino dell'orchestra RAI di Milano. Era l'unico che riusciva a fare questo suono un po' western, che non era facile.

Conosci qualche altro autore o interprete di quelle sigle?
Conosco Bruno D'Andrea, il cantante di Na-no na-no, ma gli altri no. Poi, ecco, conosco Bruno Lauzi.

Se dovessi indicare la tua sigla preferita fra tutte quelle di cui abbiamo parlato, quale diresti?
La banda dei ranocchi. Anche Sandybell a dire il vero, ma la prima era troppo bella. C'erano delle melodie che oggi, mah, non sanno probabilmente cosa siano. Col computer la testa degli autori si è atrofizzata. Si è sacrificata la creatività. Si tende a fare delle frasettine di tre o quattro misure ripetute per tutto il pezzo.

Tu che hai composto diverse sigle dei cartoni animati giapponesi degli anni 80 che idea ti sei fatto della diffusione di questo tipo di animazione in quegli anni?
Io, da bambino, ero legato molto al tipo di cartone alla Walt Disney perchè rapprentava la mia infanzia e l'unico tipo di animazione che esisteva a livello professionale ma che, a livello produzione, richiedeva costi elevatissimi e tempi molto lunghi di realizzazione - poi sono arrivati i giapponesi con tutt'altra concezione (computerizzata e pertanto velocizzata e anche più economica certamente) - come disegno e umanizzazione preferisco sempre Walt. Ma i bambini, cresciuti in quegli anni 80 e fruitori dei programmi televisivi sempre più invadenti, hanno chiaramente avuto una dose massiccia di questo tipo di animazione pertanto per loro quei cartoni erano e restano il massimo, almeno affettivamente.

Cosa pensi delle sigle della Mediaset, le uniche, in pratica, che sentiamo oggi in televisione?
Non seguo molto quel settore, oggi. Non so cosa pensare, onestamente. Ufo robot, certamente, era un'altra cosa. Noi davamo quella grinta, nei pezzi, che ai bambini mancava. Mia moglie, per questo, talvolta partecipava ai cori delle Mele Verdi. Si è voluto togliere quella grinta che c'era allora, oggi ci sono pezzi insulsi. Il bambino non è più stimolato dalla melodia, è stata un'involuzione tragica. Le sigle degli anni passati piacevano anche agli adulti; penso, ad esempio, a Lady Oscar.

Sei soddisfatto, insomma, della tua carriera?
Beh, vinsi un premio come "autore dell'anno" di canzoni, nel 1975, per aver scritto per gente come Albano, Ornella Vanoni e Iva Zanicchi. Ho solo il rimpianto di non aver fatto molto come cantautore. Oggi mi occupo di musica da ballo, tentando di non scrivere canzoni banali.

Quali sono la tua migliore qualità e il tuo peggior difetto?
Mi apprezzano perché so ascoltare, sono un buon ascoltatore. Il difetto è che sono smemorato, distratto di natura.


Nota

Corrado Castellari e la figlia Melody si sono esibiti con una fantastica interpretazione acustica de La banda dei ranocchi sul palco del Cartoon Village 2010, ad Abbadia San Salvatore (Siena) [video]. Inoltre hanno partecipato al concerto "DAI BARBAPAPA' A MADEMOISELLE ANNE" (Lucca, 3-11-2012) organizzato dallo staff di RadioAnimati per il Festival di Lucca Comics & Games 2012; in questa occasione le Mele Verdi Melody, Annalisa Imbemba, Stefania Bruno, Stefania Mantelli e Cristina Paiocchi hanno ripercorso i brani più significativi del loro repertorio musicale, accompagnate da Corrado (voce e chitarra), dal Coro Arcobaleno di Cristina Torselli e dalla band "La Mente di Tetsuya" insieme ai "Seven Nippon". Tra gli ospiti c'era anche Mitzi Amoroso [video]. Il concerto è stato trasmesso in radio da RadioAnimati e in televisione dalle emittenti del programma "80Nostalgia".